L’evoluzione della Donna Tartaruga
Nella mia vita precedente in cui facevo la consulente in carriera ero anche chiamata dalle mie coinquiline Donna Tartaruga.
Il perfetto consulente e’ sempre munito di un fighissimo computer portatile. Ora io, anche a distanza di anni, devo ancora capire cosa ci sia di tanto figo nel lavorare su un portatile, invece che su uno schermo degno di questo nome, ma soprattutto nel doverselo riportare a casa ogni sera, portandolo a passeggio per Roma. Perchè dotarci di armadietti con chiave sarebbe stato poco figo e, diciamolo, avrebbe comportato delle spese che una società che cresce a due cifre ogni anno non puo’ certamente sopportare. Ovviamente. Altrimenti come li pagherebbe i party per gli azionisiti e i loro dividend?
Comunque, il motivo del soprannome è che per 3 anni e mezzo (che a riguardare indietro mi sembrano 25, data la mole di ore che ho passato dentro quegli sgabuzzini…) ho fatto indietro avanti e indietro sulla metro da San Paolo a EUR Fermi portandomi il portatile dentro uno zainetto. Lo zaino ormai era diventato parte integrante della mia persona, da qui il nome Donna Tartaruga.
Ora, oltre al portatile e al completo c’è un altro accessorio che non può mancare nel corredo da consulente donna: i tacchi. Ma provateci voi a farei 10 minuti a piedi sui trampoli nelle strade di Roma, e a prenderci la metro affollata, con un portatile sulle spalle. Cosa da donne vere, non certo per me.
Cosi ho sempre avuto l’abitudine, specie in estate, di uscire di casa in infradito e infilare i tacchi all’ingresso dell’ufficio.
Ma questa cosa poco si adatta con l’idea italiana di femmina, che deve essere gnocca prima che comoda…ondeggiante in modo sexy e pericoloso sui sanpietrini, anche se le vengono le vesciche, ma non sia mai non essere carine! Cosi ho collezionato sguardi nella migliore delle ipotesi pieni di curiosita, più spesso di disgusto….tanto che ho cominciato a ficcarmi nel bagno per cambiarmele, per evitarli.
(gli stessi sguardi li ho collezionati quando la gente mi vedeva cambiare le scarpe in macchina prima di guidare…e vabbè, ci ho fatto l’abitudine).
Immaginate che bella sorpresa quando ho cominciato il nuovo lavoro a Melbourne e ho notato che non solo il 99% delle pendolari indossa ai piedi scarpe comode che non hanno nulla a che fare col resto dell’abbigliamento (le mie preferite sono quelle in scarpe da ginnastica bianche con i collant neri coprenti) e le sciaugurate sui tacchi la mattina in stazione si contano sulle dita di una mano, ma soprattutto che il 50% delle scrivanie dell’ufficio nascondono sotto delle scarpe da lavoro! Anche le scrivanie degli uomini…non sono più l’unica che arriva in Birkenstock o ballerina da scarpinata, e poi indossa una mise piu’ business! E’ una sensazione bellissim! E manco mi devo nascondere, o portare le scarpe da casa: le lascio direttamente in ufficio ormai, tanto non le uso per uscire.
Che poi anche se stessi con le ballerina da scarpinata non è che se ne accorgerebbe nessuno, eh. E’ solo che un po’ ci tengo ancora a vestirmi presentabile, l’idea italiana che le scarpe debbano essere adatte al vestito è scritta nel DNA, come l’accostamento dei colori. Quindi dentro il cassetto della scrivania ho un paio di decollete stondate molto bon ton con tacco medio, e un paio di sandali con taco più alto. La femminilita’ è salva, insieme al gusto italiano, cosi come la mia schiena.
Non so, a volte mi sembra che il senso estetico italiano lo perdiamo nelle piccole cose: facendo abbruttire la gente. Hai voglia di avercelo scritto nel DNA!
PS: negli anni mi sono evoluta, e dal portatile sono passata al mega schermo, che ho avuto automaticamente in dotazione, senza doverlo racattare dai computer dismessi di Alitalia e portarmelo in ufficio su un carrello con l’aiuto di colleghi gentili. So’ soddisfazioni.