A 306 Km/h
Il treno ha raggiunto i 306 Km/h, dai finestrini il paesaggio ci scorre accanto in fast motion. Campi coltivati, delle colline, poi improvvisamente una città di palazzi altissimi e grigi, sembra costruita da poco, poi di nuovo la campagna, poi una fabbrica che sputa nel cielo grigio (tonalità Milanno-anni-80) dei fumi ancora più grigi, che si mischiano con le nuvole e danno un’aria spettrale ai palazzi già spettrali di loro. Poi una lunga galleria, e un’altra, e un’altra ancora, montagne e colline tagliate senza pietà. La modernizzazione pare direttamente proporzionale alle colate di cemento, da queste parti.
Corre questo treno da una stazione all’altra, e accanto ci scorre la Cina di oggi, la nuova Cina.
Fuori dal treno il futuro, le stazioni nuovissime, bianche, futuristiche, ancora in costruzione o appena finite. Spazi immensi, tetti altissimi, sono piene di gente ma sembrano vuote, e sono tutte uguali, da Nanjing a Laoyang, sembra che lo stesso modello sia stato applicato ovunque. E non mi stupisce, in fondo non ricordo che l’architettura socialista si sia mai distinta per l’essere fantasiosa.
Dentro il treno il presente, la gente, il Popolo, una parola che solo in pochi paesi al mondo sembra esistere ancora con qualche significato. Da noi è stata sostituita da tempo con “consumatori” o “opinione pubblica” o “pubblico”. Qui si fa finta abbia ancora valore, ma è solo un’operazione di propaganda, perchè il popolo cinese mi sa solo di spettatore di quello che le accade accanto, di quello che il paese diventa in base alle decisioni prese da chi sta su, ai vertici. Dentro il treno confortevole e moderno c’è la Cina reale, quella delle persone vive, quella in cambiamento. Ci sono i professionisti con la 24 ore, manager e impiegati, ci sono famiglie giovani, ci sono studenti, ci sono le hostess in divisa come negli aerei, ci sono anziani, ci sono coppie, ci sono contadini, ogni tanto (molto raramente) capita anche qualcuno con la vecchia divisa blu dei tempi maoisti. Ci sono soprattutto quelli che vengono dai villaggi, chi va in città a fare spese, chi emigra, e poi torna carico di beni moderni. Li individui perchè non hanno valigie, viaggiano con grandi sacchi di plastica pieni. Sacchi enormi dentro un treno che corre a 306 KM all’ora. Sacchi come quelli che la gente usa in Laos, in Bolivia, in Vietnam. Ma in Laos, Bolivia, Vietnam non ci sono i treni veloci, non ci sono le stazioni futuristiche. Ecco perchè qui fanno più effetto. Quei sacchi gonfi, deformi, accatastati l’uno sull’altro parlano di gente in bilico, di un paese in evoluzione, lanciato verso il futuro e la modernizzazione ad ogni costo, che si strascina dietro la sua storia e le sue enormi masse.
Forse corre a 306 Km orari perchè pensa di poterlo raggiungere più velocemente , il futuro. Il futuro in cui la terra agricola diminuisce per far posto a nuovi quartieri e città, il futuro in cui la produzione agricola viene dirottata verso l’Africa perchè la terra qui serve per le abitazioni e le industrie. E i campi di grano sono circondati da ciminiere e depositi di carbone.
Mi fa quest’effetto la Cina vista dai finestrini di un treno veloce. Corre preoccupata solo di arrivare a destinazione: sa che ci sono quelli in prima classe, quelli seduti in seconda, e quelli che viaggiano in piedi, ma non può badare a questi ultimi, prima o poi si creerà posto a sedere anche per loro. Prima o poi, l’importante è arrivare.