Arrivo in terre selvagge
Arriviamo all’aeroporto di Shanghai il 1° Settembre.
Dopo aver provato a spiegare all’ufficiale dell’immigrazione che il mio passaporto ha 1 sola pagina libera che vorrei rimanesse tale (alcuni paesi richiedono 1 o 2 pagine libere per farti entrare o darti il visto) ed aver ricevuto in cambio proprio un timbro nel bel mezzo della stessa capisco che questo non è il Giappone, qua non si va molto per il sottile.
Appena usciti dall’aeroporto veniamo avvicinati da una signorina vestita in divisa che ci indica la strada per prendere il taxi, “no grazie, prendiamo il bus”, “i bus non ci sono più, sono le 22.30, l’ultimo è passato da un pò…” ribadisce lei.
Si come no, penso io, nessuno aveva provato ad incularmi in maniera così esplicita dal Vietnam… (per chi se lo fosse perso vi suggerisco il seguente post), ed iniziamo a seguire le indicazioni per il bus.
le indicazioni ad un certo punto si sdoppiano, bus a destra e bus a sinistra. Tiriamo il dado ed andiamo a sinistra, nell’indecisione andiamo sempre a sinistra…
Arriviamo alla fermata del numero 2 che dovrebbe portare al centro della città, tutto è scritto in cinese, l’unica cosa che riusciamo a riconoscere è 23.30 che probabilmente è l’orario dell’ultimo.
Entriamo nel cordone e ci mettiamo in fila. Passa il primo bus, è già stracolmo, carica 3 o 4 persone e riparte.
Passa il secondo, che rallenta, si ferma più avanti, l’autista guarda la fila dallo specchietto e riparte senza nemmeno aprire le porte…
Mi tornano in mente ricordi della mia adolescenza, quando il numero 2 (incredibile, stesso numero!) per Japigia che mi portava a scuola la mattina non si fermava neanche al capolinea. I più furbi salivano tutti alla fermata precedente e l’autobus si riempiva. Non si riusciva nenche a chiudere le porte, la gente rimaneva aggrappata alla sbarra sporgendo con il sedere. E se avevano il portafoglio nella tasca posteriore era un gioco da ragazzi per i “topini” sfilarlo quando l’autobus rallentava. Legge della giungla, il più forte ed il più furbo vincevano. E mi sembra di capire che anche qua funziona così, tocca ritornare alle origini se veramente vogliamo prendere questo bus.
Guardo l’orologio, sono le 23.20, il prossimo è l’ultimo; la gente inizia ad innervosirsi, tutti strillano in cinese, hanno capito che è arrivato il momento di lottare per la sopravvivenza;
mi giro e la fila non c’è più, la gente ha già scavalcato il cordone con i propri bagagli e sono tutti ammassati in prima fila. Io ed EF, che eravamo tra i primi, ci troviamo magicamente spostati indietro. Guardo EffeFemmina che, come un marines nella giungla vietnamita, mi fa dei gesti con le dita. Annuisco, la strategia è chiara. Lei proverà a salire per prendere posto, io proverò a mettere i bagagli nello scompartimento di sotto, rendezvous sul pulman.
Dei fari in lontananza, i cinesi iniziano a fervere, anche loro, divisi per famiglie, si fanno dei gesti e si urlano, hanno una strategia.
I fari sembrano più vicini, qualcuno inizia a scendere dal marcipiede, per la strada. Vogliono accertarsi che questa volta l’autista di fermi, a costo della loro vita.
L’autobus è quasi arrivato, sembra essere bello pieno già, ma c’è qualche posto libero. Per non investire la gente per strada l’autista, in un momento di debolezza, ferma il mezzo. Qualcuno apre il portellone dei bagagli e vedo gente che inizia a correre per infilarvi il suo.
Mi lancio.
Un paio di persone hanno degli scatoloni di cartone legati con uno spago ed iniziano ad infilarli dentro. Passare non è facile, ho due zainoni giganti con me ed uno zainetto piccolo. Nel frattempo, come mosche su di un pezzo di carne macinata, la gente si affolla attorno al comparto spingendosi l’un l’altro e cercando di infilare il proprio bagaglio.
Guardo verso l’entrata e vedo EffeFemmina che si fa strada usando i gomiti, ci saranno almeno una cinquantina di persone attorno all’autobus, sembra uno di quei film dove gli zombie cercano di sfondare. E’ impossibile passare con gli zainoni, ma questo vale in un mondo dove l’educazione ed il bonton hanno un senso, qua basta utilizzare la mia corporatura più massiccia e gli zainoni come arma.
Ringraziano la mia dieta a base di grano saraceno, inizio ad avanzare muovendo gli zainoni a destra e sinistra, spostando decine di cinesi che non possono credere ai loro occhi, questo straniero pare essere uno di loro in realtà; mi faccio strada arrivando in prima fila.
Non è rimasto molto spazio, infilo il primo zainone, forse il secondo non entra.
Un vecchietto con il volto scavato dalle rughe e tre denti ancora attaccati alle gengive, mi guarda, riempie i suoi polmoni di aria e con un suono che credo provenisse dall’oltre tomba, scatarra a pochi centimetri dal mio piede. Approfitta della mia indecisione e prova ad infilare una scatola di cartone. Tornato in me dopo lo spettacolo della scatarrata faccio appena in tempo a bloccarlo con il secondo zainone e lo infilo. Cazzo non entra del tutto.
Il tipo mi guarda con la coda dell’occhio e prova disperatamente ad infilare la sua scatola. Niente da fare.
Uso i piedi per spingere il secondo zainone che entra quasi del tutto. Lui mi guarda, per un momento vedo odio misto a disperazione nel suo sguardo. Non riuscirà a mettere il suo scatolone nel bagagliaio che oramai è pieno e probabilmente dovrà passare la notte in aeroporto…Mi spiace per lui, ma la guerra è guerra. Vorrei tanto scatarrargli sui piedi, ma non ci riesco, i miei polmoni non sono ancora pieni di quello strato di polveri sottili che ricopre Shanghai.
Alzo lo squardo e vedo attraverso il finestrino che EffeFemmina è riuscita a prendere posto e lo sta difendendo contro la orda di cinesi che spinge ed occupa oramai anche il corridoio.
E’ arrivato il momento di salire per vincere la battaglia.
Qualcuno inizia a scendere dal bus, forse perchè i loro familiari non sono riusciti ad infilare i bagagli giù. Mi infilo controcorrente e salgo sul bus. Prima di proseguire però do uno sguardo al bagagliaio attraverso il finestrino, non si sa mai.
Ed è li che vedo il vecchietto afferrare uno dei nostri zainoni, tirarlo fuori ed infilare il zuo scatolone. Merda, mi ha fregato, forte dell’esperienza e di essere sopravvissuto così a lungo in questo manicomio, l’invasione dei Giapponesi, la rivoluzione culturale e forse anche piazza Tienammen.
Non mi resta che tornare giù ed abbandonare la missione, va bene la vittoria a tutti i costi ma non posso lasciare lo zainone per strada.
Il vecchietto alza lo sguardo e vede che il resto della famiglia non è riuscito a salire. Toglie quindi la sua scatola, scatarra, rimette dentro lo zainone e, mesto, batte in ritirata.
Rientro nell’autobus, l’autista nel frattempo scende dall’autobus e prova a chiudere lo sportellone dei bagagli. Non ci riesce perchè il mio zainone sporge un pò. Prova a chiuderlo con più violenza, ma non si chiude. Visibilmente irritato da un calcio al portellone e aggrappandosi a chi è rimasto appeso alla porta, risale sull’autobus. Si siede al suo posto, rutta ed ingrana la marcia.
Io dopo aver scavalcato non so quante persone e trolley abbandonati nel corridoio, prendo posto a sedere vicino EffeFemmina. Ho il fiatone, ma ce l’abbiamo fatta.
Tutti urlano, suonerie dei telefoni impazziti, cornacchie strillanti. Sembra di essere al mercato del pesce di Costantinopoli; rimpiango quei viaggi sugli autobus giapponesi quando anche il rumore di me che aprivo una busta di plastica sembrava rompere un silenzio quasi religioso.
Ci guardiamo, gocce di sudore sul nostro volto…mi sa che viaggiare da queste parti non sarà proprio una passeggiata. Welcome to China!
Ahahah:)