Le prime 24 ore nipponiche di 2F
Dopo circa 22 ore di viaggio (San Josè – Los Angeles – Tokyo) siamo infine atterrati a Haneda, anni luce lontani dalle foreste della Costa Rica. E in sole 24 ore ci siamo innamorati di questo paese:
- al controllo del bagaglio prima dell’uscita del paese, siamo stati trattenuti in più non perchè la tipa volesse accertarsi su cosa trasportassimo….ma perchè era curiosa di sapere perchè arrivassimo da Los Angeles, con passaporto italiano e residenti in Australia. La signora, che sembrava uscita da un cartone animato, rideva e infarciva le sue domande con espressioni buffe e tanti “ooooo“. Quello più grande l’ha emesso però quando, guardando i nostri zaini, ci ha detto incredula “Solo quello epr 3 mesi? Oooooooo”. Mai vista una cosa del genere, solo in Giappone!
- passati indenni per l’acquisto dei primi biglietti per la metro: ormai hanno tutti la traduzione in inglese, non c’è più gusto 😛
- prelevare al Bancomat è già un’esperienza, con tanto di musichette da cartone animato di benvenuto, e la macchina super moderna che non ti da i soldi se non ritiri carta e ricevuta…simpatica!
- appena usciti dalla metro siamo stati richiamati da una vetrina, stile sirene con Ulisse: di fronte a noi modelli di cibo, e accanto il distributore automatico per comprarlo. Una di quelle cose sentite dire, ma che quando te le trovi davanti…be, il loro effetto lo fanno. E così, nonostante la cena e la colazione in aereo, nonostante l’hamburger sbaffato a LA, nonostante gli zaini ancora sulle spalle, perchè non farsi una bella zuppa di udon a mezzanotte passata?? DIVINA.
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- appena usciti dalla metro sono improvvisamente finiti i cartelli in inglese. Merda. Meno male che abbiamo la mappa da seguire, come nei libri di Banana Yoshimoto!
- arriviamo nel nostro bell’albergo (che rientra nelle 2 notti pagate da Go Asia) e ci troviamo subito di fronte a uno degli altri miti giapponesi: il cesso. Bottoni con spruzzini vari, tra cui quello personalizzato per il bidet delle signore, e sedile riscaldato. Che magari a Gennaio va pure bene, ma ad Agosto con 31 gradi alle 11 di sera…un po’ meno. Altra sorpresa gli attrezzi da toiletta: non la semplice cuffia di plastica [di cui faccio collezione!!!], ma una serie di cose fondamentali tra cui il sapone e la spugna per farsi il bagno, il rasoio, la spazzola per capelli. Ah, e non dimentichiamo il pigiama, per cortesia. Banda Bassotti style:
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- durante la colazione, mentre ingurgitiamo polpette di carne, riso e croissant al burro uno di seguito all’altro, che se mi fermo a pensarci sembra orrido, ma invece era tutto buonissimo…dunque, una coppia di giapponesi seduta accanto a noi attacca bottone, e ci chiede che lingua stiamo parlando. Noi, stupiti e felici che qualcuno parli inglese, abbocchiamo subito, e cominciamo a chiacchierare. Tempo 3 minuti e i 2 scoprono le carte: sono due testimoni di Geova, tempo altri 2 minuti stanno cercando di convertirci facendoci vedere il sito. Scappiamo.
- scampati al pericolo conversione, scappiamo verso il mercato del pesce: peccato che non ci facciano entrare perchè EM è in infradito, e i “sandali da spiaggia” (parole esatte del signore all’ingresso) non sono ammessi. Ok, andare al mercato era l’unico piano fatto, ci troviamo per strada a guardare la cartina e la guida cercando di decidere dove andare. TUristi fai da te?
- ci dirigiamo verso Ueno e Asakusa, facciamo overdose di templi, poi overdose di tempura, poi di caldo, e quindi di oggetti di importante rilevanza culturale al Museo Nazionale. Troviamo refrigerio soltanto davanti a una birra in una izakuya accampata per strada, in mezzo a giapponesi che bevono dopo il lavoro. La birra va accompagnata con qualcosa, così ci tocca compilare il modulo per ordinare un piatto di tempura: riusciamo confrontando i simboli, non capiamo una minchia di quello che ci dicono, ma la birra è buona. Kampai!
- ci trasciniamo in albergo, sfatti per il jet leg, il caldo, la camminata. E ci tocca riuscire per mangiare. FIniamo in un sushi bar dove si mangia in piedi, al bancone. COn il cosiddetto idioma del dito ordiniamo del sushi che si rivela buonissimo, nonostante il posto non si vanti di stelle Michelin. Tanta roba quello di polpo, con un po’ di maionese giapponese, e abbrustolito col “lanciafiamme”. Dopo il sushi facciamo un altro round di zuppa dal nostro amico della sera precedente, ci piace troppo pagare al distributore automatico, entrare e dare il bigliettino, scegliere gli udon quando il tipo ci mostra le 2 ciotole, e goderceli. EM slurpando come tutti gli altri nel locale, a suo agio con questa disgustosa usanza locale; EF disgustata dai rumori attorno :S
Tutto questo in 24 ore, si prospetta un mese moooolto interessante. We love Japan!