Un poco de lluvia…
Ieri è stata una giornata epica, una di quelle che ci ricorderemo di sicuro. E dire che era cominciata nel più tranquillo dei modi!
Sveglia, amaca di fronte al mare, colazione di fronte al mare, gita in barca alla Isla Tortuga, un’isola tropicale talmente verde e sabbia bianca e acqua cristallina da sembrare finta. Ma non era finta, e abbiamo fatto dello snorkeling davvero figo, tra murene, mante, tartarughe intraviste, e pesci di ogni colore e forma, e poi ci siamo mesi in ammollo per ore, in quest’acqua tropicale calda, ma talmente calda, che il ricordo del mare sardo si confonde con l’Antartide, in confronto.
Poi è arrivato il momento di tornare, e il cielo si è velato di tristezza come noi, che volevamo restare a vivere per sempre sull’isola. O meglio, il cielo si è velato più di noi. Diciamo proprio oscurato.
Abbiamo guardato in faccia il capitano della nostra barchetta, che in quel momento ci è sembrata molto più simile a una scialuppa di salvataggio, e abbiamo incrociato le dita. Holy shit, ci è uscito.
Le nuvole hanno continuato ad addensarsi, e si è alzato il vento. E tutti sulla barca l’abbiamo presa sul ridere “Vamos a bailar”, abbiamo cominciato a dire dopo i primi tonfi fra un’onda e l’altra. “Manos arriba”, come se fossimo sul tagadà. Poi sono cominciate le risate isteriche, esattamente al comparire della smorfia preoccupata sulla faccia del capitano quando ha realizzato che le nuvole non erano così distanti, e nemmeno la pioggia. Che pioggia da queste aprti non è quella leggera di Londra. No. E’ una bacinella da 100 litri che ti si rovescia sulla testa nel giro di 30 secondi. E’ tanta roba, diciamo.
E così abbiamo continuato la danza, cavallone dopo cavallone, spingendoci sempre più verso la riva per evitare il mare aperto, e quindi mettendoci un’eternità a tornare a Montezuma. E le rocce, dove le onde si spaccavano letteralmente, sembravano sempre più vicine. E il vento forte, sempre più forte. E poi è arrivata la pioggia, ovviamente, e noi eravamo ancora in costume, e faceva un sacco male sulla pelle, porca miseria. A quel punto EF ha fatto partire il movie maker, e pensava a quale fosse il modo meno doloroso per morire, o a come potersi salvare….vedeva la barca sfasciata sulle rocce, noi in balia della corrente e dei tiburones, e pensava “Magari riusciamo a nuotare fino a riva”. Il capitano, una smorfia dopo l’altra, ha lottato col mare onda dopo onda, come se fosse una sfida a due, un mito. E quando la barca accusava il colpo dell’onda, incassava il colpo e ripartiva, pronto a guadagnarsi il punto successivo. Il panico isterico nel frattempo si era impossessato della barca tutta, e quando abbiamo realizzato di essere arrivati a destinazione, quando la spiaggia familiare di Montezuma si è materializzata….probabilmente abbiamo pianto di felicità. A quel punto un fulmine ha squarciato il cielo esattamente dietro la spiaggia, nel momento esatto in cui toccavamo la sabbia con la barca. Ma ormai eravamo salvi.
What an adventure! 🙂
PS: ovviamente non esistono testimonianze della tempesta visto che la macchina fotografica era al sicuro dentro lo zaino 😛