La mia New York
Stavo alla finestra immobile, senza riuscire ad andare a letto nonostante la stanchezza, ipnotizzata dalle mille luci e torri e dalla vista dell’Empire State Building illuminato di rosso. New York mi fa questo effetto, mi lascia sempre a bocca aperta. Anche se è la terza volta che la visito, ho la sensazione che ci sia sempre qualcosa in più, che mi parli con una lingua diversa.
E non sto parlando del locale trendy di turno: ho la sensazione che questa città sia un serpente che si muove, che va avanti, e cambia pelle, si trasforma, si adatta ai tempi. Non so se questa sensazione sia amplificata dal fatto che meno di 12 ore prima fossi a Roma, a contemplare le meraviglie antiche dell’Appia Antica. Una città bloccata nel suo glorioso passato, un’altra che scommette col futuro….le vedo così, ed entrambe mi piacciono da impazzire.
New York in questo nuovo giro del mondo è solo una breve tappa, 3 giorni e 4 notti, ma abbastanza per viverla un pochino.
L’ho trovata più verde di come la ricordassi: la passeggiata sull’High Line mi ha fatta sentire in un videogioco futuristico, camminando sotto gli alberi in mezzo ai grattacieli, potendo spiarci dentro. Quanto è semplice l’idea, in fondo? Visto che non possiamo fare i parchi a terra perchè togliamo spazio al traffico, allora facciamoli per aria…molto più bello esteticamente del fare le metro sopraelevate!
L’ho trovata molto più latina. Molto molto più latina, è praticamente una città bilingue. Evidentemente i latino-americani sono diventati talmente tanti da essere diventati una forza economica: e, come dice EffeMaschio, se c’è una cosa che questo paese sa fare bene è fare business. E quindi i latini diventano parte integrante della società, mi sembra che la città cerchi di abbracciarli, di coccolarli, di integrarli, con i segnali bilingue, le strutture dedicate, i negozi dedicati. Non ricordo di aver notato niente di questo 5 anni fa (l’avevo notato in Florida, ma la Florida è un caso a sè).
L’ho trovata anche più nera, in realtà. Forse perchè ho fatto più caso alle facce di chi stava dietro ai banconi, agli operai dell’aeroporto, alle facce nella metro la mattina presto.
L’ho trovata viva, giovane, vibrante, più alternativa di come la ricordassi, lontana anni luce dalla c***o di vita di lustrini di Sex and the City. E’ proprio vero che il mondo ti appare diverso in base agli occhi con cui lo guardi. Le strade invase di giovani, ci siamo seduti a Union Square per non so quanto tempo, e non abbiamo fatto altro che guardarci attorno. Il mondo era attorno a noi, letteralmente. C’era il brasiliano che giocava a calcio con gente chissà da dove, studenti, giovani facce cinesi con figli piccoli, chi andava e veniva con le busto della spesa, un marinaio orientale con la divisa bianca, un signore anziano arrivato dal secolo scorso che, seduto in una panchina, leggeva un giornale e sorrideva, così, chissà perchè, una ragazza mulatta con le trecce che guardava il suo lui con tanto di quell’amore che potevi vederle il cuore dalle pupille. E noi non avevamo la macchina fotografica, e così ho scattato mille fotografie mentali di quel caleidoscopio di facce. Mi sono sentita vibrare di vita.
C’è da dire che non siamo stati in giro per i normali posti per turisti, abbiamo passato metà del tempo nel Village, e siamo andati a zonzo a Bedford, un’area di Brooklyn considerata un po’ hipster che sta (ahimè) esplodendo ora. I prezzi sono ancora la metà rispetto a Manhattan, i caffè piccoli e accoglienti, i bar ricavati in vecchi magazzini, nessun brand famoso nella striscia di negozi nella strada principale, le case a 2 piani, graffiti delle pareti laterali delle case, ti senti lento rispetto a Manhattan, ti senti lontano da Manhattan. But things are changing, of course. Perchè subito dopo gli artiisti, e i giovani, arrivano gli immancabili costruttori, i veri avvoltoi di questi tempi. Perchè Bedford è maledettamente vicina alla città, una fermata di metro da Midtown. E succede che comincino a comprare i magazzini vicini al waterfront, e ci costruiscano grattacieli immensi. E così arrivano i ricchi, i nuovi e giovani ricchi, e il quartiere cambia faccia, e nel giro di 20 anni Bedford da ghetto pericoloso si sta trasformando nella nuova zona alla moda…seguendo la stessa sorte di Brooklyn. Abbiamo percorso tutto il quartiere, sotto la pioggia e il vento battente, come a volerci imprimere nelle teste il ricordo di qualcosa che non sarà sicuramente più li se torneremo da queste parti tra 5 anni.
Un’altra cosa che abbiamo notato è che sembra che tutti comprino qualcosa a NY. E che ogni volta che compri qualcosa, sembra che tu stia comprando un gioiello da Tiffany, esci dal negozio con un packaging raffinato e una sensazione ormonale che non ha uguali in nessun altra parte del mondo. Ho comprato un’insalata da asporto in una panetteria francese del Village, e l’hanno messa dentro un’elegantissima busta di carta vintage (ho scoperto dopo che fosse una panetteria famosissima e trendy). La cheesecake era troppo bella per poter resistere, e quella l’hanno confezionata nella sua scatoletta di cartone, con tanto di piccolo manico per il trasporto, manco fosse un bracciale di diamanti. Sono davvero andati i tempi dei radical del village…ora attorno ci sono pasticcerie trendy e marchi e gallerie d’arte con proprietari in giacca e cravatta…ma i locali sopravvivono la notte, e per fortuna lo accendono di altri colori.
Un’altra cosa che abbiamo notato è l’ossessione di questa città per il take-away e per la plastica. SI ricicla qualcosa, ok, ma perchè tutto viene servito in bicchieri di plastica, e cannucce, e polistirolo? Nel 2014 una città come NY non è davvero riuscita a inventarsi niente di meglio dei contenitori di plastica che invadono Bangkok? Anche nei posti vegan, green, organic, anche nelle pasticcerie famose dove la gente fa la fila per mangiare una ciambella…Si, esatto, la fila per mangiare una ciambella…l’ho detto che ogni esperienza di shopping è come andare da TIffany! tutti vogliono venderti l’esclusività. DIcevo, anche nella pasticceria famosa ti servono il caffè in un contenitore take away, e l’acqua nel bicchiere di plastica. Ma le belle vecchie tazze di ceramica perchè ti fanno schifo, New York? Perchè?
E poi tante altre immagini in questa nostra NY veloce. I fuochi d’artificio del 4 Luglio visti dal tetto del palazzo a 20 piani dove ci ha ospitati per dormire un’amica di EffeMaschio, la tempesta tropicale che ci ha infradiciati per 2 giorni, l’esposizione sul Futurismo al Guggenheim, che sono finalmente riuscita a visitare, la nuova piazza a Ground Zero, un condominio-cooperativa nell’Upper West Side dove una coppia di amici sardi ci ha fatto respirare un po’ della loro vita newyorkese. L’imbarazzo nella scelta nello scegliere dove mangiare, gli ultimi 20 minuti di Francia-Germania e la nostra canzone che risuona nell’aria alla fine della partita, tra le pareti di un vecchio magazzino trasformato in un accogliente pub/bar di quartiere .
Insomma, breve ma intenso. Alla prossima NY…si dice che non ci sia 2 senza tre…ma magari non c’è 3 senza 4 😛
PS: grazie a EM per questo bel panorama notturno 🙂