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Goodbye Argentina

Dopo le belle giornate trascorse a Mendoza, ci spostiamo verso il Nord dell’Argentina: abbiamo deciso di saltare il deserto di Atacama, e di entrare in Bolivia dall’Argentina, e quindi in Peru’. Un po’ dispiace non passare da Atacama, per EffeFemmina luogo legato a un bellissimo libro di Sepulveda, ma i motivi sono vari:

–  il Sud Ovest della Bolivia e’ molto simile alle località che si possono visitare da S. Pedro;

–  da S. Pedro si effettuano gite di una sola giornata, costringendo il fisico a fare continui up and down in altura (fino ai sopra i 4000 mt): nel Sud della Bolivia si resta sempre a un’altitudine piuttosto alta, permettendoci di “accustumbrarci” più velocemente;

–   S. Pedro e’ molto turistico, e il Cile molto caro;

–   la Bolivia è molto economica;

Così da Mendoza ci dirigiamo a Salta, e da qui, attraverso la Quebrada di Humahuaca, arriviamo a La Quiaca, il punto di frontiera con la Bolivia. Da queste parti scopriamo un’Argentina ancora diversa rispetto a Buenos Aires, alla Patagonia, alle Cataratas di Iguazù: le facce diventano indigene (finalmente!), i panorami si inaridiscono e si riempono di cactus, ci sembra di essere già in Bolivia o Perù per i colori degli abiti e delle facce, però con la sensazione di essere ancora in uno stato efficiente. Quando visitiamo San Martin de Los Cobres, un paesino  a circa 4000 mt d’altezza, poche case attorno a una chiesa, ci chiediamo per l’ennesima volta come si possa vivere così, nel mezzo del nulla. Qualcuno ci risponde che questi paesi sono vitali per difendere i confini: lo Stato deve pagare chi risiede qui, perchè avere gente significa che il Cile non può invadere terre non sue, come fatto in passato, approfittando della densità di popolazione nulla. Strano, no? come se noi pagassimo gente sul Monte Bianco per evitare che i francesi sconfinino…

Salta è una graziosa cittadina con diverse testimonianze dell’epoca coloniale, e ospita un interessantissimo e ben fatto museo che contiene delle mummie Inca (Museo de Arqueologia de Alta Montana). La storia delle mummie è assurda, leggete qui: trovate a quasi 7000 mt d’altezza, conservate in perfette condizioni grazie alla temperatura glaciale e all’assenza di microorganismi….incredibile. E’ il nostro primo incontro con gli Inca, che saranno costante di diverse settimane successive. E’ anche il primo incontro col sincretismo religioso andino che ci accompagnerà fino a Lima: un misto di religione cattolica e credenze pre-colombiane, assorbite dalla religione ogni volta che questa non è riuscita a combatterle. Le strade (sulle lunghe distanze) sono disseminate di apachitas, cumuli di pietre con scopo votivo per propiziarsi il buon esito di un viaggio: anticamente oltre alle pietre venivano messi piccoli oggetti rituali, oggi alle pietre si mischiano le bottiglie di birra. E’ bellissimo fermarsi per strada e notare che dall’altro lato, di fronte all’apachita, c’è un altare cristiano dedicato alla Madonna. I due santuari sono uno di fronte all’altro, costretti a  guardarsi e convivere, in modo pacifico. Anche il cimitero risulta strano: le tombe più povere hanno una forma di apachita, con la croce in cima, e sono piene di fiori e colori. Le tombe più ricche sono come i nostri enormi mausolei…anche qui, come in tutte le parti del mondo, non c’è uguaglianza nemmeno da morti. Altra cosa strana: nelle chiese, sull’altare, ci sono sempre le bandiere nazionali…curioso, per noi abituati a considerare separati i due mondi, spirituale e temporale, e impegnati a combattere le incursioni vaticane negli ambiti civili italiani! Noi abbiamo il crocifisso nelle classi e posti pubblici, qui hanno la bandiera nella chiesa…interessante cambio di prospettiva, molto interessante.

Visitiamo Tilcara e Humahuaca, paesi di rovine archeologiche, vallate e polvere. Il viaggio da Tilcara a Humahuaca non lo dimenticheremo facilmente, dato il quantitativo di polvere rossa ingerita nel bus locale! Questa parte di Argentina è l’opposto della Patagonia: piatta quella, corrugata questa; monotona quella, variegata questa, tra quebrada, montagne, ferrovie che si inerpicano a 4000 mt e saline luccicanti (las Salinas Grandes, banco di prova prima del Salar de Uyuni). I colori della Quebrada sono incantevoli: montagne rosse, verdi, arancio, pascoli di lama e vicune, bianco delle saline, ma il culmine si ha a Purmamarca, nel suo Cerro de los siete Colores. Un paesino minuscolo con alle spalle una montagna bellissima, veramente dai sette colori. La vita qui scorre con un ritmo a noi sconosciuto, senza cellulari, Internet, talvolta senza elettricità. La gente comunica grazie alla radio che trasmette in FM: chi va in città a fare spese manda notizie nel paese usando una radio locale che funge, appunto da servizio di comunicazione…incredibile, no?

Il mal di montagna prova parecchio EffeMaschio: il giorno che dormiamo a Purmamarca (2300 mt) siamo reduci da una gitain giornata in cui abbiamo raggiunto i 5200 mt di altezza. Poichè Purmamarca non esplode di vitalità, ossia la gente si ritira nelle case appena va via l’ultimo turista, decidiamo di salutare l’Argentina con un bel Fernet Branca. Grave errore: un poco d’alcool, combinato con l’altitudine e del cibo non proprio light, fanno passare la notte a EffeMaschio parlando col cesso, ed eccolo il giorno dopo:

attaccato alla bombola d’ossigeno della guardia medica! 15 minuti di mascherina e torna come nuovo 🙂

Man mano che ci avviciniamo al confine le strade diventano sempre meno asfaltate, gli autobus più vecchi e sgangherati, e appena varchiamo il confine con la Bolivia cambia tutto…è un deja vu…clacson, traffico, gente che urla per attirarti sul suo bus, venditori ambulanti, pullman e minivan che scaricano merci e persone, gente che attraversa il confine con i carretti…aiuto, ma siamo tornati in Asia???!!! Goodbye Argentina.

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